
di Antonio Martone
C’è un momento — a volte breve, quasi impercettibile — in cui qualcosa dentro di te si ferma. E in mezzo a tutto quel correre, quel fare, quel rispondere a mille stimoli arriva una domanda che punge, che disturba.
Una domanda che spesso provi a zittire, ma che ogni tanto torna a bussare con forza.
“Ma tutto questo… ha davvero senso?”
Se ti è mai capitato di pensarla, anche solo per un secondo, allora lascia che te lo dica chiaramente: no, non sei strano/a. Sei sveglio/a.
Perché c’è qualcosa, là fuori, che non torna.
Ti dicono che devi essere sempre produttivo/a. Sempre connesso/a. Sempre attivo/a. Ti dicono che “non c’è tempo”, che “così va il mondo”, che “devi abituarti”.
Ma tu, dentro, lo senti: non è normale vivere con l’ansia come sveglia e la stanchezza come compagna di viaggio. Non è normale sentirsi sempre di corsa e mai arrivati. Non è normale perdere di vista se stessi mentre si cerca di star dietro a tutto.
E se ti dicessi che quel “qualcosa” che senti mancare non è fuori, ma dentro?
Se ti dicessi che puoi riconnetterti a te stesso/a senza scappare in un eremo tibetano?
Che ci sono tre pratiche concrete, accessibili e rivoluzionarie, che ti possono riportare a casa?
Tre chiavi per aprire la porta e uscire dal sistema, senza combatterlo… ma superandolo.
Rallentare è il vero atto di ribellione
Quante volte l’ho scritto nelle pagine di questo blog, ma non ci sono altre parole per descrivere la realtà dei fatti: viviamo in un’epoca che idolatra la velocità.
Più fai in meno tempo, più vali.
Più sei stanco, più sei importante.
Più sei pieno, più sei “realizzato/a”.
Una verità così disarmante da far sembrare il riposo un vizio, la lentezza un difetto, il silenzio una perdita di tempo.
Ma voglio dirti una cosa — chiara, netta, quasi scomoda:
Rallentare, oggi, è un atto di ribellione.
Perché rallentare significa fermarti a pensare. E chi pensa, non è più controllabile.
Il sistema ti vuole in corsa, distratto/a, occupato/a. Sempre.
Perché se corri non ti fai domande. Se sei stanco/a, non ti ascolti. Se sei saturo/a, non desideri più.
Lo slow living, al contrario, è una dichiarazione di libertà.
È dire:
“Scelgo io come sendere il mio tempo.”
“Non tutto è urgente.”
Significa imparare l’arte — difficile, rivoluzionaria — del NO.
“No, non vengo a quell’incontro se non serve.”
“No, non rispondo subito a questo messaggio.”
“No, non faccio multitasking mentre mangio.”
Rallentare non vuol dire fare meno, vuol dire fare meglio. Vuol dire scegliere.
E quando inizi a scegliere davvero, succede una cosa meravigliosa:
il tempo torna a essere tuo.
Le giornate smettono di sembrarti una corsa ad ostacoli E dentro, piano piano, si fa spazio una sensazione dimenticata: la presenza.
Ecco qualche utile suggerimento:
Spegni le notifiche per due ore al giorno e dedicati a un’attività senza interruzioni: leggere, scrivere, camminare.
Ritagliati un’ora bianca nella tua giornata: senza impegni, senza obiettivi, solo per te.
Smetti di giustificarti quando dici “non ho voglia” o “non mi serve”. Non devi spiegarti. Stai scegliendo e basta.
In un mondo che ti vuole sempre di corsa, tu puoi scegliere di camminare.
E camminando, puoi tornare a vedere, a sentire, a vivere.
Rallentare non è perdere tempo, è riprenderselo.

Minimalismo:liberarsi per ritrovarsi
Facciamo un gioco.
Guarda intorno a te. Quante delle cose che possiedi ti servono davvero? Sii sincero/a.
E ora una domanda più profonda: quante delle cose che possiedi ti rappresentano davvero?
Il punto è questo: non sei nato/a per possedere, sei nato/a per essere.
Ma il sistema ti ha convinto del contrario e ti ha fatto credere che per valere, devi avere. E così accumuli oggetti, appuntamenti, relazioni, abitudini, ecc.
Ma ogni cosa in più diventa un pensiero in più, una responsabilità in più, un peso in più.
Il minimalismo, invece, è una potatura, una liberazione. Non è vivere con due magliette in croce e mangiare in ciotole di legno. È tenere solo ciò che ti fa bene. Solo ciò che ha senso.
Solo ciò che ti fa sentire intero, non intrappolato/a.
Perché ogni oggetto inutile che tieni, ti trattiene.
Ogni “devo” che non ti appartiene, ti vincola.
Ogni abitudine automatica, ti scollega da te stesso/a.
Il minimalismo non toglie. Il minimalismo restituisce.
Restituisce spazio e leggerezza.
Ecco come iniziare subito, in modo pratico:
Decluttering simbolico: scegli una stanza, un cassetto, un’app e liberati del superfluo con intenzione.
Fai una “lista delle zavorre”: scrivi tutte le cose che senti ti sottraggono energia. Oggetti, impegni, persone, pensieri e comincia a tagliare.
Fissa un tuo principio guida: esempio: “Tengo solo ciò che mi fa sentire leggero.” Oppure: “Niente entra nella mia vita senza intenzione.”
Quando togli il superfluo, resta l’essenziale e nell’essenziale, spesso, ritrovi te stesso/a.
Il minimalismo non è solo ordine esterno, è chiarezza interiore.
È dire:
“Io non mi identifico con ciò che possiedo. Mi identifico con ciò che scelgo.”
E questa, oggi, è un’altra forma potentissima di libertà che ti fa uscire dal sistema.

Mindfulness: antidoto alla frenesia
C’è una trappola subdola in cui siamo caduti quasi tutti: vivere altrove. Nel “dopo”, nel “prima”, nel “devo”. Ma quasi mai, nel qui e ora.
La testa è piena di notifiche, il corpo è teso, contratto e la mente gira come un criceto sulla ruota dei pensieri automatici. Siamo ovunque, tranne dove siamo.
Facciamo mille cose, ma non siamo presenti a noi stessi.
Ecco perché la Mindfulness non è una moda da rivista patinata. È una necessità neurologica, un esercizio spirituale, un’azione rivoluzionaria.
Mindfulness vuol dire questo:
Tornare presenti. Tornare interi. Tornare vivi.
Non è solo meditazione, è allenare l’attenzione. È tornare a respirare, uscire dal pilota automatico e dire: “Ora ci sono.”
Ecco alcune pratiche semplici per cominciare:
La pausa consapevole: 3 respiri profondi prima di iniziare qualsiasi attività. Solo 3. Fatti con presenza cambiano tutto.
Mindful walking: una camminata di 10 minuti al giorno senza telefono, senza meta, solo per sentire il corpo che si muove.
Il rituale della lentezza: scegli un gesto quotidiano (bere il caffè, farti la doccia, lavarti i denti) e fallo come se fosse sacro. Lento, con attenzione e con rispetto.
Essere presenti oggi è una forma di ribellione perché chi è presente non è manipolabile. Chi è presente vede. Chi è presente sceglie.
Mindfulness è svegliarsi in un mondo che ti vuole addormentato.
È rallentare il respiro mentre tutti corrono.
È tornare a casa — quella vera, quella dentro.

Conclusioni
C’è una verità che pochi hanno il coraggio di dirti: puoi scegliere di vivere diversamente.
Non sei obbligato a correre, a possedere, a reagire a ogni stimolo.
Sei libero/a, ma solo se te lo ricordi.
E se sei arrivato/a a leggere fin qui, una cosa è certa: qualcosa dentro di te si è già svegliato.
Ora sta a te decidere se tornare a dormire, oppure iniziare il tuo percorso fuori dal gregge.
Io questo cammino l’ho iniziato e, se vuoi, posso accompagnarti.
Sto preparando un corso dove scoprirai come costruire una vita fuori dagli automatismi e iniziare finalmente a vivere con intenzione.
Perché sì, il mondo ha bisogno di più pecore nere.
E tutto comincia da te.
Da un piccolo atto di ribellione silenziosa: fermarsi.
Stay tuned e iscriviti al canale YouTube.
Al prossimo post,
Antonio M.
grazie per questo articolo, si importante e stare qui ed ora, una cosa che mi fa stare e , il contatto con Dio Padre, meditazione, la preghiera.
sarebbe bello scambio di esperienze e esercizi .
Son in un periodo di transizione amicizie poche , pochi contatti, fortuna per stare nel qui ed ora.
buontutto