
di Antonio Martone
Ti svegli già con il fiato corto. La testa piena di cose da fare, il tempo che scappa e quella strana sensazione di essere in ritardo anche se, tecnicamente, sei in orario.
Corri da una parte all’altra, incastri impegni, rispondi ai messaggi, fai quello che va fatto. Eppure, a fine giornata, ti senti svuotato/a.
Non soddisfatto/a. Non realizzato/a. Solo stanco/a.
Se anche tu vivi così – come un criceto nella sua ruota, sempre in movimento ma fermo nello stesso punto – sappi una cosa: non sei solo/a e, soprattutto, non sei sbagliato/a.
Il problema non sei tu.
Il problema è un sistema che ci ha convinti che valiamo solo se produciamo, se corriamo, se siamo sempre un passo avanti a qualcun altro.
Ma c’è una buona notizia: esiste un’altra strada.
Non serve licenziarsi, trasferirsi su un’isola deserta o cambiare completamente vita da un giorno all’altro.
Perché ci sentiamo sempre sotto pressione?
Viviamo immersi in un’epoca che premia chi non si ferma mai.
Ci hanno insegnato – direttamente o indirettamente – che più fai, più vali. Che una giornata “produttiva” è una giornata piena. Che se ti fermi, sei pigro. Se riposi, stai perdendo tempo.
E così finiamo per confondere il movimento con il progresso, l’occupazione con il significato.
Questa pressione non nasce da dentro, nasce da fuori. È culturale, è sociale, è familiare.
È il collega che si vanta di lavorare 12 ore al giorno (uh! e quanti ne cosnosco).
È l’amico che “non ha mai tempo” e lo dice quasi con orgoglio.
È il feed dei social che ci mostra vite perfette, carriere brillanti, corpi scolpiti, viaggi continui.
È quella vocina che ti dice che potresti fare di più, dovresti fare di più. Che stai sprecando il tuo potenziale.
E allora ti carichi, ti sforzi, pianifichi. Ti infili nell’ennesima strategia per incastrare tutto. Ma in realtà stai solo rincorrendo un’idea di te stesso/a che non ti assomiglia più.
La verità? Non sei nato/a per correre tutto il tempo.
Sei nato/a per sentire, per scegliere e per vivere con senso.
Ma se non ci fermiamo, non riusciamo nemmeno più a capire cosa ci fa stare bene e cosa no. È come essere su un tapis roulant lanciato a tutta velocità: l’unico modo per cambiare direzione è premere il tasto stop.
Ecco perché ci sentiamo sempre sotto pressione:
Perché non ci siamo mai concessi il diritto di rallentare.
Perché abbiamo confuso il nostro valore con il nostro rendimento.
Perché viviamo secondo aspettative che non sono le nostre.
La domanda non è: “Come faccio a gestire meglio tutto questo?”
La vera domanda è: “Perché sto facendo tutto questo?”

La falsa promessa del "fare di più"
Quando ci sentiamo sopraffatti, la prima cosa che ci viene in mente è questa: “Devo organizzarmi meglio.”
Compiliamo nuove to-do list, scarichiamo app per la produttività, guardiamo video su come ottimizzare la giornata in 5 step. E per un po’ funziona. Ci sentiamo più in controllo, più produttivi, più capaci.
Ma poi? Tutto torna esattamente come prima, solo con un’agenda ancora più piena.
Perché il problema non è quanto fai.
Il problema è perché lo fai.
Fare di più non è la soluzione. È parte del problema.
Viviamo nell’illusione che aggiungendo cose riusciremo finalmente a sentirci soddisfatti. Ma la verità è che la soddisfazione non viene da quanto fai, ma da cosa scegli di fare davvero con presenza.
Ti faccio un esempio pratico.
Una paziente che ho seguito per problematiche posturali viveva giornate frenetiche: lavoro, figli, palestra, impegni sociali. Era super efficiente, ma dentro si sentiva vuota.
Con lei ho fatto un lavoro semplicissimo: abbiamo guardato non cosa faceva, ma perché lo faceva.
E ha scoperto che buona parte delle sue azioni erano spinte dal bisogno di non deludere, di essere approvata, di non restare indietro.
Il suo calendario era pieno.
La sua vita, no.
Questo è il rischio che corriamo quando crediamo alla promessa del “fare di più”.
Diventiamo bravi esecutori, ma ci perdiamo come persone.
Cosa puoi fare invece?
👉 Smetti di chiederti “Come posso incastrare tutto?”
Inizia a chiederti:
“Cosa posso lasciar andare?”
“Cosa ha davvero senso per me in questo momento?”
“Sto costruendo qualcosa o sto solo evitando di sentirmi in colpa?”
Cosa fare invece: la via della consapevolezza
Smettere di correre non significa smettere di vivere. Significa iniziare a vivere scegliendo.
Ecco la svolta: non si tratta di trovare l’ennesimo metodo per fare tutto meglio.
Si tratta di iniziare a mettere attenzione in ciò che fai, e soprattutto in perché lo fai.
Questa è la chiave: consapevolezza.
La consapevolezza non è un concetto astratto. È una pratica quotidiana, semplice e rivoluzionaria. È come se, per la prima volta, spegnessi l’autopilota e ti sedessi davvero al posto di guida della tua vita.
Da dove si comincia?
Da tre domande. Le chiamo “le domande-sveglia”.
Domande che ti aiutano a riconnetterti con ciò che conta davvero per te, e non per gli altri.
1. “Di cosa ho davvero bisogno?”
Non cosa dovrei fare, non cosa mi chiedono gli altri, non cosa fa la maggioranza.
Ma: di cosa ho bisogno, io, adesso?
Forse è silenzio.
Forse è tempo.
Forse è dire no.
2. “Cosa sto facendo per compiacere gli altri?”
Qui arrivano i nodi. Molte delle nostre scelte sono spinte da un bisogno invisibile di approvazione.
Ma vivere per compiacere significa perdere sé stessi un pezzetto alla volta.
Quindi chiediti: questa cosa la farei comunque, anche se nessuno mi applaudisse?
3. “Cosa nutre me, non solo il mio ego?”
C’è una grande differenza tra ciò che ti “gonfia” (di like, di risultati, di riconoscimenti) e ciò che ti nutre profondamente.
E sai qual è la regola?
Ciò che nutre non fa rumore, è quieto. Come leggere un libro, fare una passeggiata, respirare in silenzio, dire “basta” con gentilezza.
🕒 Mini-esercizio: “Il mio momento stop”
Ti propongo una cosa semplice, ma potente: ogni giorno, prenditi 10 minuti solo per te.
Senza telefono, senza scopi e senza obiettivi. Solo per ascoltare.
Stai lì e respira. Chiediti: come sto?
Potresti scoprire più verità in quei 10 minuti che in tutta la tua to-do list settimanale.
L'equilibrio possibile (senza stress e sensi di colpa)
Parliamo chiaro: quando inizi a rallentare, gli altri lo notano.
E spesso, il primo a giudicarti sei tu.
Ti dici: “Sto sprecando tempo”, “Dovrei fare di più”, “Gli altri vanno avanti, io sto indietro.”
Questa è la trappola del confronto: misurare la tua vita con il metro di qualcun altro. Ma la verità è che nessuno può sapere cosa ti fa bene, tranne te.
E sai cosa succede quando cominci a scegliere in base al tuo sentire e non alle aspettative esterne? Succede che finalmente ti rimetti al centro.
E quando sei al centro della tua vita, l’equilibrio arriva. Magari non perfetto, ma è il tuo equilibrio.
L’equilibrio non è fare tutto
È sapere cosa non fare più. È smettere di rincorrere, è lasciar andare l’ideale del “superuomo” o della “superdonna” e iniziare a vivere con più umanità.
Sì, puoi trovare equilibrio e restare affidabile
Uscire dalla ruota del criceto non vuol dire diventare disorganizzati, mollare il lavoro o isolarsi. Significa fare scelte più consapevoli, che ti permettano di vivere meglio, e paradossalmente, di essere anche più efficace.
Quando impari a dire qualche “no”, ogni “sì” pesa di più.
Quando impari a fermarti, torni in contatto con la tua energia autentica.
Quando smetti di rincorrere tutti, inizi finalmente a camminare nella direzione che tu hai deciso.
Non cercare l’equilibrio perfetto.
Cerca la coerenza tra ciò che senti, ciò che fai e ciò che desideri diventare.
Anche solo iniziare a provarci ti cambia la vita.

Uscire dal gregge
Forse ti stai accorgendo che correre nella ruota del criceto non ti sta portando da nessuna parte. Forse cominci a intuire che non è più produttività ciò che ti serve, ma più verità.
E la verità è questa: esiste un modo diverso di vivere.
Un modo più lento, più consapevole, più vicino a chi sei davvero.
Un modo che ti permette di essere una “pecora nera” e vivere felice.
La “pecora nera felice”: chi è?
È chi ha deciso di uscire dal gregge.
Chi ha smesso di inseguire modelli che non gli appartengono.
Chi non vuole più piacere a tutti, ma iniziare a piacersi davvero.
Chi ha trovato il coraggio di dire:
“Non seguo più la massa. Scelgo me.”
Essere una pecora nera non è ribellione cieca, è scelta consapevole.
È guardarsi allo specchio e dire: “Io valgo anche se vado controcorrente.”
E non solo valgo, posso anche essere felice
Un percorso per chi è pronto
Se tutto questo risuona con te, allora sappi che non sei solo/a.
Per questo sto creando un percorso formativo dedicato proprio a chi, come te, sta iniziando a sentire che qualcosa non torna.
È molto più di un corso: è un invito a costruire una vita fuori dagli automatismi, basata su tre pilastri fondamentali:
Minimalismo: per fare spazio all’essenziale (e finalmente respirare)
Mindfulness: per tornare presenti nella tua vita, momento per momento
Slow Living: per smettere di subire il tempo e iniziare a viverlo con intenzione
Non ti offro una fuga dalla realtà.
Non ti venderò il sogno di mollare tutto e andare a vivere in un eremo.
Ti offro un modo per uscire dal gregge con radici forti, senza distruggere la tua vita, ma ricostruendola a misura di te.
E se vuoi restare aggiornato sul percorso completo e sulla masterclass gratuita in arrivo, iscriviti alla newsletter.
Perché il cambiamento inizia così: da un primo passo e con consapevolezza.
Conclusioni
Arrivati fin qui, una cosa dovrebbe essere chiara: non sei solo/a a sentirti stanco/a, sotto pressione, disallineato/a.
E no, non sei debole.
Se provi tutto questo è perché dentro di te qualcosa sta cercando una via d’uscita. Questa non è la fine, è un inizio.
Un inizio fatto di piccole scelte quotidiane. Un inizio che non stravolge tutto, ma cambia tutto: il modo in cui vivi, lavori, respiri, ami, ti ascolti.
E se questo articolo ha parlato anche un po’ a te, scrivimi. Dimmi come stai. Raccontami dove ti trovi nel tuo percorso.
Al prossimo post,
Antonio M.